L’ultimo ricordo fu che mi sdraiai, cotto dalla giornata lavorativa e dalla notte brava.
Alcool e droghe in un capannone abbandonato.
Aperto gli occhi mi trovai disteso, non riuscivo a muovermi, la luce bianca accecante non mi permetteva di mantenere gli occhi aperti. In lontananza sentivo degli strani rumori; sembravano lame che stridevano tra loro. Sentii strane voci, non era italiane. Distinguevo quattro voci: una femminile e tre maschili, sembravano slavi.
Le pupille, a fatica, si erano abituate alla luce ed iniziavo a intravedere qualcosa, ma in maniera sfocata. Ambiente dalle piastrelle piccole e di un bianco lucido, sopra di me, sul soffitto, un faro con una luce intensa anch’essa bianca e dei neon, di cui uno continuava a sfarfallare e ad emettere un “zzzzzz” a intermittenza.
Con la coda dell’occhio mi sembrava di intravedere una sorta di tavolo in ferro.
Ad un tratto passi pesanti si avvicinavano.
Ora li vedo, sono davanti a me…! Hanno camici bianchi, delle mascherine, guanti e parlano tra loro, ma non capisco nulla. Vedo ancora tutto sfocato.
La donna sembra alta e longilinea, uno degli uomini puzza d’aglio e sembra abbastanza piazzato mentre l’altro è enorme e ha un puzzo di sudicio che mi ricorda quando tornavo a casa in metropolitana alcune notti estive. Manca il quarto accento, l’altro uomo. Sentivo che parlava a distanza, ma non si faceva vedere. Aveva un tono autoritario, forse era il capo ed impartiva gli ordini. Si, ma che ordini?
Il panico iniziava a salire e mi sentivo smarrito. In quel momento mi resi conto che faceva freddo, ero NUDO. I due uomini coprirono tutto con dei teli trasparenti mentre la donna armeggiava con degli attrezzi di metallo. Il panico saliva, non capivo cosa stava succedendo e sopratutto cosa poteva accadermi.
D’un tratto il silenzio.
Sembrava tutto sparito, vuoto totale, solo la luce ed il freddo. Questa calma apparente venne interrotta da un piccolo pizzicorio sull’addome. La donna mi ha fatto un’iniezione.
Ancora il vuoto.
Riapro gli occhi e un altro fastidio, più intenso, all’addome, e vidi una cosa lunga e rossa; il dolore iniziò ad aumentare. Ommioddio, sono le mie viscere che mi vengono estratte e gettate in una pentola di ferro, come quelle che si vedono negli obitori dei film. Non riesco ad urlare, non riesco a svenire. Non riesco a morire.
Buio.
Riapro gli occhi. Sono a letto, a casa mia. Ho male allo stomaco, sono sudato per colpa dell’incubo dal quale mi sono appena svegliato. L’angoscia e l’adrenalina sono a mille.
Forse tutto l’alcool col mix di droghe ingerito alla festa e un colpo di freddo mi hanno fatto fare una piccola congestione.
Mi siedo sul cesso, lo stomaco ed il ventre fanno malissimo, spingo per defecare ma il male aumenta, tiro su i pantaloni e trovo sangue ovunque dentro la tazza.
In panico totale tiro su la maglia e trovo…uno squarcio orizzontale all’addome, ricucito con delle graffette.
Svengo.
Buio ancora.
Sento delle voci in lontananza, non vedo quasi nulla, ho solo un male lancinante. Le voci, ora nella mia lingua, urlano di chiamare un’ambulanza, uno con la voce autoritaria spiega al telefono che hanno visto un ubriaco che si squarciava l’addome con un pezzo di latta. Dice che è disteso nudo sotto ad un lampione per strada. Sento una ragazza e due uomini che continuano a dire al loro amico di sbrigarsi con i soccorsi, provo a parlare ma non riesco, sangue e vomito non mi fanno emettere suoni comprensibili, ma solo gorgoglii.
La luce si affievolisce, e ora, Il Buio.